C’è chi lascia un oggetto, un ricordo, uno scritto, magari dopo un momento critico o una malattia, dopo avere superato un esame all’Università, un colloquio di lavoro. Tutti recitano una preghiera, per ringraziarlo o invocarlo. Ma c’è anche chi, più semplicemente, sosta pochi minuti in meditazione, ritagliando un momento di calma per ridare senso a un’esistenza sempre troppo frenetica.
A ottantadue anni dalla scomparsa, la tomba di padre Manzella continua a essere meta di pellegrinaggio per centinaia di fedeli che ogni giorno si raccolgono in preghiera nella cripta del Santissimo Sacramento. A una manciata di metri da ospedali e dipartimenti universitari, da scuole e uffici, da negozi e locali pubblici, nel cuore pulsante di una città sempre attiva, la gente imbocca la porta di ingresso, silenzia il cellulare, e dopo avere fatto le scale entra in un’altra dimensione per sostare di fronte alla sua tomba. Il prossimo 23 ottobre ricorre l’82° anniversario della morte, ma Sassari, la Sardegna, non hanno
Padre Manzella, una devozione mai sopita
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