27 gennaio 2018, Giornata della memoria

Il cielo è grigio, triste, quando, all’altezza dell’Isola Tiberina, attraversi il Tevere, e ti trovi davanti al Portico di Ottavia. Fino a pochi istanti prima, Trastevere, con i suoi colori, i suoi profumi, le sue voci, ti racconta di una Roma pittoresca di ieri e di oggi. Il lungotevere con le sue code di macchine ti parla di una Roma frenetica. L’isola Tiberina, come una barca arenata sul fiume, è invasa da turisti vocianti. Poi, oltrepassato Ponte Cestio, attraversi, più che il Tevere, una pagina di storia. Una pagina nera. Il vociare delle trattorie di Trastevere sembra, di colpo, un lontano ricordo. Qua il clima è composto, c’è quasi sempre silenzio. Il tempo sembra sospeso. Qua il ricordo di quanto accaduto è scritto sui muri, è come un’ombra che impone rispetto. Ci accoglie, testimone muto di atrocità inaudite, il Portico di Ottavia, monumento dell’epoca romana, silenzioso custode di un passato che va diventando lontano, ma quanto lontano, se qua la memoria si fa viva,e fa ancora, sempre, male? Qua siamo al Ghetto ebraico. Qua la storia offre ancora una lezione, drammatica.
È qua, infatti, che la tragedia ebbe inizio: in queste vie rimaste grigie, dominate dall’imponente mole

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