Che senso ha tenere chiuso e inutilizzato un edificio che potrebbe essere usato per uno scopo benefico? La riposta è scontata, a maggior ragione se si considera il fatto che molte delle strutture di cui si parla, in un passato neanche lontano, sono stati luoghi di carità, accoglienza, confronto e diffusione del sapere.
Da qui l’altra domanda: perché non rimetterli in uso, adattandone magari la funzione alle mutate condizioni socio-culturali? Da questa riflessione è nata l’idea di recuperare alcuni edifici del patrimonio immobiliare diocesano incastonati nel cuore della città, luoghi un tempo deputati alla crescita personale, all’incontro, alla formazione, ma anche all’accoglienza e al dialogo tra diversi. Con l’accordo che i giorni scorsi ha visto allo stesso tavolo, l’arcivescovo Gian Franco Saba,
Un altro passo verso il nuovo umanesimo
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