Padre Manzella ha saputo cogliere e imporre prima a sé stesso e poi alle anime che ha diretto, il segreto per raggiungere la santità che si addice al nostro stato, e parla di «una santità a tavolino» e «di una santità pratica».
Scrivendo infatti alla sua nipote Linda, Manzella – come raccontano Erminio Antonello e Roberto Lovera nel volume «La carità in azione. Epistolario di Padre Giovanni Battista Manzella», edito nel 2014 dal Centro liturgico vincenziano – indica il modo migliore e più semplice per progredire sulla via della santità. E dice: «… Senti Linda… Noi abbiamo una santità da tavolino, e una santità pratica. Mi spiego, la santità da tavolino è quando nel silenzio della preghiera e avanti Gesù sacramentato, e nel silenzio degli esercizi torniamo in noi, pensiamo al passato, proponiamo per l’avvenire. Tu proponi essere fervorosa, obbediente, far tutte le pratiche di pietà… Questa è santità da tavolino, cioè vaga, vana, inutile, non
La “santità pratica” del Servo di Dio Padre Manzella
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