Non abbandonarci alla tentazione

«Dobbiamo escludere che sia Dio il protagonista delle tentazioni che incombono sul cammino dell’uomo». Sono le parole di Papa Francesco che con la consueta immediatezza argomenta la decisione di modificare il testo del Padre Nostro, considerata, non a torto, una fra le preghiere più belle del cristiano, certamente la più significativa. Per effetto della nuova versione del Messale, che entrerà in vigore nelle prossime settimane, la traduzione della frase latina et ne nos indúcas in tentatiónem, alla fine della preghiera, non sarà più: «Non ci indurre in tentazione», ma «Non abbandonarci alla tentazione». Dopo un lungo dibattito e altrettante discussioni, i vescovi hanno approvato questa soluzione introducendola così nella liturgia eucaristica. Sul piano filologico va detto che non si tratta di una traduzione letterale del testo greco (che indica «portare verso» e quindi «indurre»), ma di una trasformazione motivata soprattutto da esigenze di carattere pastorale e teologico. Non è, tuttavia, una modifica di lieve momento, tenuto conto del fatto che lo stesso Francesco ha rimarcato quanto sia inconcepibile anche solo ventilare l’ipotesi che Dio possa essere il fautore, l’ispiratore delle tentazioni dell’uomo. Al di là degli aspetti

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