Nel segno della speranza

L’artiglieria mediatica che ogni ventiquattr’ore spara il bollettino dei contagi non induce certo alla speranza. Non è polemica sterile, intendiamoci, giornalisti e comunicatori fanno il loro mestiere, a maggior ragione in un momento delicato come questo. Tenere la guardia alta e la gente informata raccomandando, al contempo, di rispettare le prescrizioni imposte dalle autorità a tutela della salute pubblica, è giusto e doveroso. È un fatto, però, che le notizie diffuse a ritmo incalzante, specie nelle ultime settimane, abbiano avuto delle ripercussioni più che evidenti sulla vita sociale, sulla presenza dei cittadini nei luoghi pubblici. Le strade dei centri abitati nelle ore di punta sono meno frequentate, parchi e giardini desolatamente vuoti, perfino al cimitero, nel giorno in cui si ricorda la memoria di coloro che sono mancati, non si è visto, quest’anno, l’affollamento di sempre. Ovvio che nessuno, pur nel rispetto delle norme dettate dal Governo, intende esporsi al rischio del contagio o, peggio, diventare veicolo d’infezione diffondendo, magari inconsapevolmente, un virus aggressivo quanto

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