Forse perché acqua e fuoco terra e aria evocano i quattro elementi di cui secondo i filosofi greci si sostanzia la materia dell’universo, ogni volta che ci raggiunge una minaccia riconducibile alla natura primordiale siamo scossi dalle fondamenta e come divelti dalle radici. È il comune turbamento di fronte al bollettino del fuoco che da mercoledì 12 al 14 luglio, in Sardegna, ha devastato boschi e pascoli, distrutto in Gallura 1700 ettari di sugherete, 2500 tra Alà dei Sardi, Padru, Buddusò, Loculi, Irgoli.
Ma roghi si sono alzati ad Arzana, San Teodoro, alle porte di Cagliari e di Olbia. Un elenco incompleto degli incendi nella nostra isola che ancora mantiene il primato di terra bruciata e che sembrava maledirsi da sola. Ma in questa estate è mezza Italia ad ardere: incendi divampano in Sicilia, Calabria, Puglia, Lazio e Campania. Fino al 16 luglio, quando il fuoco ha lambito l’oasi dorata di Capalbio, ‘ultima spiaggia’ di politici e intellettuali tra Lazio e Toscana, sul greto del torrente Chiarone dove sono andati a fuoco lentischi, lecci e ginepri, stanati cinghiali e daini.
Gli incendi hanno colpito non inaspettatamente la Sardegna estenuata dall’arsura per il prolungarsi anomalo di una ostinata siccità che ha prosciugato torrenti, svuotato bacini idrici e
“Abba pagu e fogu meda”, la visione di paesaggi devastati non spegne la responsabilità verso il Creato
You need to be logged in to view the rest of the content. Si prega Log In. Non sei un membro? Registrati